L’uomo senza memoria, come Primo Levi ci insegna, non è un uomo

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LA MEMORIA

La memoria dell’uomo non è in un giorno, no.

La memoria dell’uomo non è in una lapide, in una corona di fiori deposta su un altare, in un discorso pieno di retorica su come la guerra non debba essere un ricordo ma il motivo di un’azione di pace.

La memoria nell’uomo è in tutto. Qualsiasi momento, istante o situazione della nostra vita ci riporta alla mente immagini del nostro passato, di quel vissuto che ci ha costruito e portato ad essere, sedimentandosi, quello che siamo.

La memoria dell’orrore, poi, è ancora più viva.

Perché i libri di storia sono utili a spiegare, volta per volta, i dettagli di ciò che ha stravolto il passato, ma non hanno il potere di legarsi al presente. La memoria serve a quello, ad agganciare l’attuale a ciò che è stato e grazie a questo comprendere l’assurdità di un errore ripetuto.

Rileggere la storia, studiarla, capirne i passaggi scalfisce per sempre la memoria. 

E questo non permette, o non giustifica mai, che una guerra, un colpo di cannone che squarcia un palazzo, un popolo intero che resiste arroccato nel buio dell’inverno, possano passare ormai come notizie in sottofondo, bollettino quotidiano, rassegna stanca di avvenimenti che stampano una nuova pagina del libro della storia del mondo.

Nel comodo delle nostre vite siamo ormai assuefatti dalle informazioni, pensiamo che il corrente debba sempre e per forza prevalere, che gli errori che il mondo compie oggi siano assurdi ma non fatali, fino al momento in cui la nostra casa è tutta intera anche le immagini della guerra non sembrano cosi orribili.

E invece no, in ognuna di queste notizie deve risvegliarsi la memoria dell’umano, come moto di sdegno per l’assurdo che è stato e per l’assurdo che è ancora.

Perché la memoria dell’uomo deve essere la chiave per rimanere, davvero, uomo.

Perché l’uomo senza memoria, come Primo Levi ci insegna, non è un uomo.

Giornata della memoria
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