Una rimonta epica dopo una partita assurda, con un gol del 3 a 2 che rimarrà solo nell’urlo e negli occhi di chi ha il cuore giallorosso. Vediamo cos’altro resta di Lecce-Milan
San Sone
Nel giorno della festa più sacra per ogni tifoso salentino, San Martino, una nuova divinità si fa strada nella stagione giallorossa. Un santo venuto da Bologna, dimenticato nel traffico del calciomercato estivo nella lista degli svincolati e pescato come solo Corvino sa fare.
Un ragazzo fantastico, che ha avuto, nella sua carriera, probabilmente meno di quanto la classe nei suoi piedi e l’eleganza nei movimenti avrebbero meritato. Un giocatore in grado di alzarsi dalla panchina, ieri come a Udine, e di dare la scossa ad una squadra che aveva già dato la partita per persa dopo un primo tempo da incubo, con un gol, un assist e un palo che grida vendetta. Un nuovo santo, proprio nel giorno del Santo più importante.
Benvenuto tra le divinità del Salento, San Sone!
Punto Var
Ormai sta diventando difficile parlarne seriamente, tanto che chiacchiere da VAR sarebbe stato il titolo più scontato. E invece no, perché quello guadagnato dal Lecce ieri è un altro, forse l’ennesimo, punto del VAR. Sono passati ormai 6 anni da quando è stata introdotta la tanto agognata Moviola in Campo, e ancora non si è venuti a capo di come, davvero, dovrebbe essere usata per essere utile alla lealtà delle decisioni in una partita di calcio.
Perché se davvero venisse utilizzata, come da sua funzione ideale, per correggere gli errori evidenti sfuggiti al giudizio dell’arbitro principale, sarebbe un toccasana per questo sport spesso troppo condizionato dagli episodi. E invece no, perché, da qualche tempo a questa parte, è diventata (per usare l’aggettivo del Presidente Sticchi Damiani) una diabolica sala in cui si ricerca il capello spaccato pur di rovinare l’emozione che solo il campo sa creare, gestire, capire.
Al Lecce resta poco, pochissimo da fare. Se non altro, resta un Punto VAR.
La p*tt*n* sbagliata
È una delle citazioni cinematografiche più iconiche e ricorrenti, anche in dibattiti che meriterebbero tutt’altro stile: “hai pestato i piedi alla p*tt*n* sbagliata”. Ecco, ieri, alla fine, è stata tutta lì la questione. In quel piedone di piccoli che, prima di scaraventare in porta una meraviglia dai 35 metri, ha schiacciato l’alluce del fulmineo Thiaw, stramazzante e di nuovo in piedi nella frazione di un secondo.
E forse è proprio per questo che, al di là della sala VAR, nessuno si era accorto di niente, nemmeno in campo, forse nemmeno lo stesso centrale tedesco. Perché fa parte del calcio, fa parte di uno sport in cui il contatto tra due contendenti è normale, legittimo e sacrosanto. Perché, altrimenti, finisce che non si si può più nemmeno sfiorare per paura di urtare la sensibilità della cassazione in sala Var.
O ancora, magari è perché una squadra che 3 giorni fa aveva battuto in Europa i Campioni di Francia, non poteva permettersi si perdere addirittura 3 punti al Via Del Mare.
Di sicuri ieri Piccoli, e il Lecce, hanno esagerato, hanno “pestato i piedi alla p*tt*n* sbagliata”.