In fundo ad una settimana di polemiche, stravolgimenti, sfuriate “Corviniane” e tante, tante
parole al vento, il primo Lecce di Luca Gotti riporta tutto al proprio posto predicando un
verbo semplice quanto raro per il calcio giallorosso: serenità.
Il prof è un normalizzatore, uno che in conferenza ha preso subito coscienza della battaglia di cui è stato posto a capo, ed ha, semplicemente, invitato i suoi a tornare a lottare, da esercito, su ogni pallone disponibile per sé e da contendere agli avversari. Uno spirito di sacrificio che ultimamente si era un po’ perso, ma che è stato, in fundo, sempre l’arma in più del Lecce: crederci, insieme, fino alla fine.
Dalla rubrica “L’amaro del Montenegro” (Horto Lecce, dal podcast “Intervengo Qui da Lecce” del 18 marzo 2024)
Dopo una partita come quella dell’Arechi, di amaro rimane davvero poco. Se non per chi,
nell’urgenza di una classifica da zona rossa, va a cercare il pelo nell’uovo dell’estetica, del
bel gioco, del pallino del match in mano agli avversari e delle tante occasioni altrui
sprecate.
Si, perché, per riprendere le parole del direttore, continuare a “mastrubarsi” su aspetti quantomeno marginali quando si è in trincea in una serie A sempre più competitiva ed agguerrita, è davvero un esercizio di retorica che né il Lecce, né i suoi tifosi, si possono
più permettere. Perché in trincea si lotta brutti, sporchi, pur di guadagnare un centimetro
in più. E se serve per arrivare al traguardo tanto ambito, allora, va benissimo così: brutti,
sporchi e vincenti.