Non si doveva giocare. Lo si è fatto per colpa di chi ha dimostrato, una volta per tutte, che in questo sport il business ha preso il posto dei valori. Questo, e poco altro, restano di Atalanta-Lecce.
Nessun valore, nessun colore
Trovare parole per descrivere la disumanità di quanto successo non è semplice.
Il Lecce le ha trovate, tutte, in un comunicato a pochi minuti della partita che ha insegnato, a chi guarda dall’alto, cosa significa vivere di sport.
Si è giocato con la scure sulla testa della sconfitta a tavolino, del punto di penalizzazione, imposti da una Lega che non ha avuto paura a dimostrarsi per quello che è.
Nella “partita dei valori calpestati” una piccola, enorme, società di provincia ha ricordato all’intero mondo del pallone italico che, di fronte ai drammi della vita vera, non esistono blasoni, posizioni di classifica o ruoli più importanti di altri.
Perché, come hanno scritto i tifosi della Dea stessa “La Morte è uguale per tutti”.
Nessun valore, nessun colore

Figli e figliastri
Il metro della giustizia di una decisione, anche nel mondo giuridico, si pone dal confronto con quanto precedentemente deciso nella giurisdizione precedente relativa ad episodi simili.
Bene, anche sotto questo punto, cara Lega Calcio, non ci siamo proprio.
Perché se, con il cuore, tutta Italia si è stretta nel passato alla Fiorentina per le terribili tragedie di Barone e di Astori, lo ha fatto anche stavolta con quella di Graziano.
Nessun club, giornalista o tifoseria ha sminuito la dipartita di Fiorita solo perché fosse un fisioterapista.
Voi, evidentemente, si, visto che avete deciso di passarci oltre.
Non avendo avuto nemmeno la decenza di ascoltare un Ministro, pur di tener fermo il punto su una decisione che non fa che confermare, ancora una volta, che di sport non ne sapete nulla.
Perché nello sport, come nella giustizia, la legge ed i valori sono uguali per tutti.
E non esistono figli e figliastri.
Per Graziano
È stato tutto così veloce, surreale, assurdo che non sembrava nemmeno vero.
C’era tutta la sua squadra raccolta, c’era il suo borsone rosso pronto e il dott. Congedo pronto a rincorrerlo, come sempre, lungo tutto il campo per a soccorrere un giallorosso.
E lui c’era, era lì, ma in un maxischermo, in alto, con lo stesso sorriso e la stessa maglia a maniche corte di sempre.
Quasi a vegliare su un gruppo, il suo gruppo, che con le lacrime agli occhi ha saputo onorare la sua memoria, pur costretto da un manipolo di potenti che di sport non sa nulla.
Queste vicende restituiscono sempre a tutti la reale dimensione di caducità della vita.
Una caducità che rende ancor più urgente la responsabilità di lasciare un segno ogni giorno, nel mondo in cui viviamo e nelle persone che viviamo.
E Graziano ha lasciato un segno che nessuno dimenticherà mai, facendo diventare con la sua storia, almeno per una sera, tutta l’Italia giallorossa.
Avanti, ma non per loro.
Avanti per Graziano.