Un pranzo emiliano perfetto, di quelli che saziano anima, corpo e classifica. Questo, e qualcos’altro, resta di Sassuolo-Lecce
Let’s Gotti
C’era una volta una squadra spenta, demotivata, chiusa nei suoi limiti e limitata nelle sue convinzioni, schiava di un 4-3-3 ostinato e ostentato e di ali che, non appena hanno smesso di volare, hanno trascinato i compagni in una caduta libera che stava per assumere connotati molto pericolosi.
C’è stato poi un punto di svolta, dove affinché tutto potesse cambiare niente è cambiato, o forse no: bastava, semplicemente, abbandonare il porto sicuro dei propri dogmi per capire che, nel mare aperto della lotta salvezza, si può lottare in tanti modi. Con due punte, un paio di mediani, una difesa granitica ed un Falcone inviolato, per esempio.
Caspita, se si può lottare. Let’s Gotti.
I gemelli del gol
Tre gol, tre assi collaudati per un Lecce che sta facendo delle sue coppie, di fatto, la differenza in campo. Prendiamo, ad esempio, Oudin e Gendrey, secondo assist stagionale del primo per il secondo gol stagionale del secondo.
Oppure quella in assoluto più “rivoluzionaria” ma sempre più affiatata, formata dell’ex staffetta Gallo – Dorgu che sta logorando fasce sinistre e fegati degli avversari. Oppure, ancora, la coppia del gol tra Piccoli e Krstovic, passati da Nemici ad amici, semplicemente perchè in due si fa meno fatica, si vive meglio e si fanno più gol.
Che belle storie, giallorosse: coppie in campo, come gemelli del gol.
Eravamo 4mila al bar
O al Mapei di Reggio Emilia, per meglio dire.
4mila cuori giallorossi che, dal primo minuto, hanno conquistato, insieme ai ragazzi in campo, i 3 punti di Reggio Emilia centimetro dopo centimetro, sovrastando la tifoseria locale forse già un po’ troppo rassegnata al triste epilogo di questa stagione.
4mila folli di Lecce che, nonostante i quasi 900km di distanza, non hanno esitato a partire dal Salento per supportare la squadra nel momento più importante, sorprendendo Gotti, che non se l’aspettava, ma di certo non un Saverio Sticchi Damiani che, commosso, a fine partita è andato a salutare la sua gente.
Ed è così che il fattore campo, il giocare in trasferta o in casa, quasi non importa: noi del Lecce c’eravamo, ci siamo e ci saremo, sempre e ovunque.
Eravamo 4mila, al bar.