Dal Friuli il Lecce porta via la sensazione di una squadra di gran temperamento, ma anche con poco mordente in zona gol che avrebbe potuto scrivere una storia ancor più positiva.
DULCIS IN FUNDO
Quello di Udine è un buon pareggio, che fa il pari con quello ottenuto prima della sosta contro il Sassuolo. Entrambi per 1-1, ma anche entrambi in rimonta e frutto della voglia di questa squadra di non lasciarsi andare alle avversità: una resilienza che fa ben sperare, fondata anche sua una panchina che quest’anno è decisamente salita di livello. Il gol di Piccoli dimostra quanto sia importante per D’Aversa attingere a cambi che possono davvero dare al Lecce ciò che più manca nel momento di difficoltà: la qualità del cross di Sansone, il grande movimento dell’ex Atalanta ed un gol che arriva finalmente a coronare un’ottima prestazione che stava per rimanere indigesta.
Questo Lecce è una squadra ostica, difficile per gli avversari e che dà sempre la sensazione di essere in grado di incidere grazie alla qualità dei suoi interpreti ma anche ad una voglia, sempre più conclamata, di rimanere attaccati al match (e alla classifica).
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L’AMARO (DEL) MONTENEGRO
Il rientro di Banda, la titolarità di Oudin, uno Strefezza di nuovo sui suoi livelli ed un Sansone come arma in più: in Friuli tante buone notizie, ma anche l’amarezza di una vittoria mancata che poteva essere preziosa. Perché i tanti tiri in porta del primo tempo, le buone uscite palla, la personalità del centrocampo e la buona verve degli esterni potevano sicuramente portare più di un punto all’ottima prestazione dei salentini. Manca ancora un po’ di incisività, un mordente che negli ultimi minuti, con i padroni di casa sulle gambe, avrebbe potuto davvero portare ad un successo che sarebbe stato clamoroso, per la classifica e per il peso nella corsa salvezza.
Ma tant’è, rimane una buona prova. Ma anche un po’ di amaro in bocca.
