Dopo quattro anni dall’ultimo lavoro discografico, Emma torna con Souvenir, un album che nasce dal «periodo peggiore della mia vita», dopo la scomparsa del papà. Nelle nove tracce che lo compongono Emma ci ha messo dentro gli ultimi anni, consegnandoci una versione di se’ mai uguale a se’ stessa, ma sempre fedele.
Dentro c’è la Emma che piace a tutti, quella dalla voce graffiata, ma anche quella più intima che si apre e racconta la scomparsa di papà Rosario, e poi c’è anche la canzone-manifesto, Capelli corti, nella quale la cantante si guarda allo specchio e parla a tutte le donne.
Quattordici anni di carriera ma per lei è come se si ripartisse sempre da zero. Di questi anni rimane “la voglia di farcela ancora, sono tutto e sono niente“. Emma è una donna risoluta, senza fronzoli o peli sulla lingua: ciò che pensa lo dice senza giri di parole. Lei piace proprio per questo, è una dato di fatto. Piace perché, nonostante tutto, nonostante la fama, nonostante il successo e la carriera costellata di successi, è comunque rimasta la ragazza di 14 anni fa.
E’ la prima volta in tutta la tua carriera che ti sei davvero presa tanto tempo per uscire con nuova musica. Come mai?
“Un po’ per necessità della vita: in mezzo c’è stato il covid, tutta una serie di cose, anche di cose mie, personali che tutti conoscono. Però mi sono anche presa un tempo tecnico anche per respirare, per capire che cosa volessi fare veramente per me stessa, che posto potevo ancora occupare nella musica. Insomma, mi sono, mi sono messa una mano sulla coscienza e mi sono fatta tante domande, perché secondo me a un certo punto è giusto farsi tante domande. E “Souvenir” è arrivato proprio da tutta questa serie di viaggi, sia fisici ma anche interiori, che mi hanno spinto a creare questo album in questo modo“.
“Il pubblico è la parte migliore di me, quel pezzo di puzzle che serve per chiuderlo alla perfezione”
Dell’album dici “9 storie, 9 pezzi di un puzzle che rappresentano tutte le mie sfaccettature”. In questo puzzle immaginario cosa ci metti? Qual è quell’ultimo pezzo nella tua vita che per te è fondamentale per poterlo chiudere alla perfezione?
“Il pubblico. Se non hai un pubblico che ti ascolta, che ti comprende, che ti capisce come il mio è difficile raccontare delle storie se non c’è nessuno che le ascolta. Io so di avere veramente un grande pubblico, sono grandi ascoltatori, sono molto sensibili, empatici e quindi questo album è arrivato dopo un momento di crescita, secondo me mio, ma anche del mio pubblico”.
A proposito, quanto è importante per un’artista il live e il contatto diretto con il proprio pubblico?
“Per me è fondamentale, io non posso pensare a un disco senza un live, ecco perché poi nasce subito il progetto “InDaClub”, appena un mese dopo l’uscita del disco, proprio perché credo che questo disco debba essere presentato nella sua forma migliore, ovvero il live e secondo me ci divertiremo tanto perché sarà una versione molto intima e non vedo l’ora di stare a stretto contatto con con la gente.”
Non è scontato per un’artista come lei chiudersi in un club.
“Credo che la qualità di un’artista non dipenda dalla quantità di posti, dalla quantità di persone che riesce a mettere in un posto o dalla grandezza dei posti. Un’artista è un’artista anche in un bar, davanti a 10 persone”.
Il disco è un viaggio tra la sonorità pop, urban e rap: i nove brani fotografano ciascuno un momento diverso della tua vita, essendo forse l’album più autobiografico della tua carriera. C’è un fil rouge che unisce tutto?
“Assolutamente sì, la verità nel volerlo raccontare. Le storie per quello che sono e non per quello che vorrei che fossero. Quindi c’è tanto cuore, c’è tanta pancia e c’è la voglia di trovare comunque l’ottimismo, perché nessun brano si chiude in negativo. Hanno tutti una svolta positiva. Quindi forse il fil rouge è l’ottimismo, è uno sguardo al futuro con “un’attitude” un po’ più serena e positiva“.
“Tutti quanti siamo responsabili dell’andamento del sociale, di quello che succede nel nostro paese“
Il perfetto manifesto del progetto è “Capelli corti”, dove è un po’ come se ti guardassi allo specchio, parlando a te stessa ma allo stesso tempo a tutte le donne. Il brano è, infatti, un inno alla libertà del genere femminile. Sei sempre stata in prima linea sul tema, partecipando negli anni anche ad eventi come “Se non ora quando” insieme a Paola Turci, anche in tempi in cui magari esporsi era rischioso per la tua arte. Credi che, ad oggi, in Italia ci sia ancora tanto da fare sul tema?
“C’è sempre qualcosa da fare. Però sono contenta perché sono tanti gli artisti che si impegnano, che mettono la faccia per cercare di riportare questo paese, innanzitutto ad un livello di sensibilità più alto anche culturalmente. Interessarsi a temi così sensibili per la nostra società fa bene a noi artisti, ma fa bene a tutte le persone perché non dobbiamo farlo solo noi, tutti quanti siamo responsabili dell’andamento del sociale, di quello che succede nel nostro paese”.
E poi in mezzo all’album c’è “Intervallo”, a mani basse il brano più emozionante ed intimo dell’intero lavoro. Brano che lei dedica a papà Rosario. È stato difficile raccontare un momento così delicato o ha sentito proprio l’esigenza di farlo? Possiamo dire che questo disco è stato un po’ una terapia?
“Si, 50 e 50. Scrivere quella canzone è stato molto, molto duro, molto doloroso, molto difficile mettere su carta quello che provo, quello che sento in un momento così delicato non è stato semplice, però allo stesso tempo è stato quasi una cura, è stato salvifico, mi ha aiutato ad attraversare questo dolore fino in fondo e anche a tenere vivo il ricordo del mio papà”.
Nel 2018, in un’intervista diceva: “Faccio scelte difficili, a volte azzardate, ma sono mie scelte, questo è quello che conta. Non farei mai questo mestiere per accontentare o accontentarmi”. E’ ancora così?
“Sarà sempre così e seguirò sempre il mio istinto e cercherò di tirare fuori quello che io reputo vero di me stessa, quello che per me è fondamentale comunicare e a volte capita di fare delle scelte che sono più apprezzate, a volte meno apprezzate dal pubblico. Però è l’arte. Secondo me serve proprio anche a sparigliare le carte ogni tanto”.
In un’altra intervista, invece, (sempre nel 2018) diceva: «È evidente la crisi del pop, ma solo io lo ammetto». A distanza di anni possiamo dire che avevi ragione oppure il pop italiano si sta riprendendo il suo posto sulla scena musicale?
“Il pop ha vissuto un momento difficile, però ora parlano le classifiche e vedere in cima donne del pop come Annalisa, come Elodie, come Angelina Mango, è molto bello e fa molto piacere; non che non quando in classifica ci sono altri artisti di altri generi, mi dispiace, anzi io sono contenta di tutto questo miscuglio musicale che sta avvenendo, perché tutti quanti meritano di stare dove sono ed è giusto che ci sia tanta musica e è sempre e anche tanto diversa perché altrimenti che pal*e. Se ci fosse sempre la stessa roba, no?“
“Di questi 14 anni rimane la voglia di farcela ancora e di ripartire sempre da zero“
“Souvenir” è un po’ ciò che rimane di un viaggio che ti ha portato a scoprirti ancora di più. Cosa rimane, invece, alla Emma di oggi, di questi 14 anni di carriera? Cosa rifaresti e cosa no?
“La voglia di farcela ancora, la voglia di ripartire sempre da zero. Riconosco di avere 14 anni di carriera però sono tutto e sono niente. Rifarei tutto quello che ho fatto, anche le cose che per gli altri sono sembrate sbagliate. Se non avessi fatto tutto quello che ho fatto non sarei qui oggi e non sarei l’artista che sono oggi e probabilmente non esisterebbe neanche “Souvenir”“.
Il disco apre con “Iniziamo dalla fine”. Possiamo dire, però, che questa non è la fine del viaggio ma solo l’inizio?
“Esatto, “Souvenir” è solo la prima tappa di questo lungo viaggio. Intanto c’è lo godiamo, ma non nascondo che sto già lavorando a nuovi progetti“.