In uscita il terzo volume della collana Declaro di KURUMUNY dedicata alla ripubblicazione dell’opera di Antonio Verri. LA BETISSA è una storua composita dell’uomo dei curli e di una grassa signora una disperata favola a tinte fosche, un allucinato viaggio nell’inconscio e nel linguaggio che rappresenta una svolta decisiva nella ricerca espressiva dello scrittore salentino.
La Betissa, scritta tra Santa Cesarea e Castro, sulla costa salentina, appena al disotto di Otranto, tra l’agosto e l’ottobre del 1986, rappresenta per molti aspetti il lavoro poetico più maturo e compiuto di Antonio Verri. Pubblicata per la prima volta qualche mese dopo, nell’anno successivo, è una disperata favola a tinte fosche, un allucinato viaggio nell’inconscio e nel linguaggio che rappresenta una svolta decisiva nella ricerca espressiva di Antonio Verri, ora concentrata a indagare ossessivamente le relazioni che intercorrono fra le parole e le cose, fra il mondo e il libro che tenta di ricrearlo, in uno sforzo costante di trascrizione di quella varietà cosmica e disarmonica in un’opera chiusa, conclusiva e allo stesso tempo sempre in progress, aperta, sfuggente.
Dopo le uscite di Bucherer l’orologiaio, romanzo postumo dello scrittore di Caprarica (Le), pubblicato per la prima volta nel 1995, a due anni dalla sua scomparsa, e de Il pane sotto la neve, esordio letterario e vera e propria raccolta-manifesto contenente uno dei messaggi più forti della scrittura di Verri, la collana Declaro di KURUMUNY diretta da Simone Giorgino e dedicata alla ripubblicazione dell’opera di uno dei protagonisti indiscussi dello scenario culturale salentino del secondo Novecento, prosegue con La Betissa. Storia composita dell’uomo dei curli e di una grassa signora.
È infatti in libreria la nuova edizione dell’opera, accompagnata da uno scritto di Fabio Tolledi.
Il Declaro, nell’idea dello stesso Verri, doveva essere un libro di prose in grado di contenere tutte le parole esistenti. Un libro infinito per sua definizione irrealizzabile, ma proprio per questo seducente. La morte dell’autore, sopraggiunta nel maggio del 1993 a causa di un incidente stradale, non consente di sapere in che modo si sarebbe evoluto questo suo progetto, però Bucherer l’orologiaio costituisce a tutti gli effetti l’ultimo e importante tassello di questa sua ambiziosa idea. Motivo per cui è stato scelto per l’avvio della nuova collana.
Il pane sotto la neve è invece la raccolta con cui da subito Verri spinge verso una pratica politica della poesia. «Fate solo quel che v’incanta» scrive tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Ricordare questo monito poetico e riproporlo oggi, in un’epoca di disillusione e smarrimento di tutto ciò che è incanto, è uno dei messaggi più forti della scrittura di Verri, che nasce e si muove nell’alveo della poesia anche quando diviene prosa, cronaca. Fate solo quel che v’incanta.