Luci e ombre della sfida del Bentegodi.
L’AMARO DEL MONTENEGRO
Un buon Lecce, che per la terza partita di fila, però, non riesce a centrare la vittoria. E se contro la Roma si è trattato di fato, e contro il Milan tutto sommato di rimonta, ieri a Verona è stato diverso. Perché se nella tensione di un match dall’alta posta in palio, comunque, riesci a passare 2 volte in vantaggio e non porti a casa i 3 punti beh, un bel po’ di amaro rimane.
È mancato Ramadani, Blin ha fatto quel che ha potuto, a Gonzalez e Oudin non si possono certo chiedere i muscoli dell’albanese e di Kaba (fuori anche lui). Però la partita era sulla carreggiata giusta, e aver lasciato ancora punti per strada inizia a pesare, soprattutto in un momento in cui quelle sotto hanno ripreso a correre. Un pareggio amaro, almeno a metà.
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DULCIS IN FUNDO
In fundo, in questo calcio di muscoli e polmoni, è sempre bello rifugiarsi ancora nel romanticismo dei piedini fatati di Oudin. Perché si, come detto sopra, non avrà i kili che servono ad un centrocampo da 4-3-3, non sarà l’ala di corsa che può essere Gonzalez, ma in quel gol, nelle sue giocate, c’è tutto il resto.
C’è tutto il senso di un calcio che ha bisogno della poesia della tecnica sopraffina, dell’estro creativo, della soluzione da fuori area a sbloccare una tensione che si taglia a fette. Oudin è questo, è tornato per questo, indossa il 10 esattamente per dare al Lecce tutto questo. Ecco si, magari, iniziasse a farlo con più frequenza non sarebbe male. Ma il dulcis in fundo del Lecce è lui, le magicien, Remi Oudin.