Luci e ombre della prestazione contro la squadra di Stankovic
MENZIONE D’ONORE: 30 tiri in porta
Di cui 21 solo nel primo tempo. Di cui 11 nello specchio. E allora, udite udite, tirare in porta si può. Dopo 6 partite di occasioni latitanti come un narcos messicano, il Lecce è tornato a rendersi pericoloso verso la porta avversaria. Con discreta continuità, con buona preparazione, con grande tecnica ed intensità. Ceesay e Oudin, su tutti, nel primo tempo hanno creato occasioni per sé e per gli altri, svariato, fatto impazzire Stankovic e tutta la Samp. Un segnale bello, che ha acceso il Via del Mare esploso definitivamente al meritatissimo gol del Gambiano. Poi, però, c’è il solito rovescio della medaglia, quello che fa più male.
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MENZIONE DI DISONORE: 1 solo gol
Troppo, troppo poco per pensare di vincere uno scontro diretto. Il Lecce non è la Juventus di Allegri del Corto Muso, specie se rientra in campo quasi tranquillo e spocchioso nella ripresa. Se 6 sconfitte consecutive non bastano a scatenare la giusta cattiveria sotto porta, allora, c’è da preoccuparsi davvero. Perché, benchè si parli di sfortuna, a volte, il discorso è diverso. È nell’aver quasi paura di concludere con forza, nell’inciampo proprio al momento sbagliato, nella goffaggine di arrivare sempre un istante dopo sul pallone potenzialmente decisivo. Non è un caso, è un film visto e rivisto nelle 30 partite giocare finora che forniscono la prova definitiva. Questo Lecce non sa segnare quanto serve per vincere le partite. Ed è il segnale più grave.