L’intera provincia di Lecce offre un’ampia gamma di rituali per il 19 marzo, che sono strettamente connessi sia all’aspetto religioso, sia nell’aspetto culinario.
La festa di San Giuseppe è molto sentita e festeggiata in tutta Italia ed è ricca di tantissime tradizioni che cambiano di Regione in Regione.
Le tradizionali tavole di San Giuseppe sono un’usanza diffusa in molte località del Salento, dove vengono imbandite con un’abbondante varietà di specialità gastronomiche. Tra queste troviamo i lampascioni, le “rape”, i “vermiceddhri” (un tipo di pasta servita con cavoli), il pesce fritto, le pittule, la zeppola, il pane a forma di ciambella, i finocchi e le arance. Questo ricco banchetto viene tradizionalmente consumato a mezzogiorno del 19 marzo. A partecipare sono i cosiddetti “santi“, interpretati da amici o familiari delle famiglie ospitanti, i quali rappresentano almeno tre figure (San Giuseppe, Gesù Bambino e la Madonna) fino a un massimo di tredici, mantenendo sempre un numero dispari di partecipanti.
Oltre a questi piatti presenti nella tradizione del giorno di San Giuseppe (Festà del Papà) la tradizione in Italia fa riferimento al classico dolce il più conosciuto delle “Zeppole”
Invece il piatto culinario del Salento è la “Ciciri e Tia”, un piatto dalle origini molto antiche è una pietanza sostanziosa, a base di pasta fresca, realizzata con farina e semola rimacinata, acqua e olio d’oliva. L’impasto viene steso sottile e poi, mediante una trafilatrice, si ottengono tagliatelle corte, poi manipolate per ottenere una forma a spirale. Una parte di questa deve essere fritta in olio d’oliva (frizzoli) ed una parte deve essere lessa in acqua bollente.
Questo piatto ricorda le sue lontane origini arabe nella parola tria, che deriverebbe dall’arabo ittrya, termine che indica la pasta fritta o secca, condita e accompagnata dai ciceri, ovvero i ceci.